Luglio 2021
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pensierocritico.eu
Focus
Il focus di questa newsletter è la mente umana (nel passato e nel futuro), infatti abbiamo assistito nell'ultimo decennio a un aumento della richiesta di potenziamento cognitivo da parte di adulti (manager) e giovani (studenti universitari). Questa ricerca, che negli USA è già realtà, si rivolge all'uso di particolari integratori quali i "nootropi" o di farmaci quali le "smart drugs", che promettono di innalzare le prestazioni di memoria, intelligenza, attenzione e creatività. Sappiamo che il nostro cervello ha bisogno di neurotrasmettitori per regolare molte funzioni chiave, tra le quali: frequenza cardiaca, respirazione, cicli di sonno, digestione, umore, concentrazione, appetito, movimento muscolare, ecc. E' stato accertato scientificamente che i neurotrasmettitori regolano (eccitando o inibendo) l'intera comunicazione sinaptica del sistema nervoso. Essi sono messaggeri chimici endogeni, di cui si avvalgono i neuroni per comunicare tra loro o per stimolare cellule di tipo muscolare o ghiandolare. Essi "regolano" tutti i nostri comportamenti, tra i quali anche l'innamoramento, infatti quando ci innamoriamo si attiva tutta una serie di meccanismi psicologici e biochimici che rendono l’innamoramento molto simile alla dipendenza da sostanze. L’eccitazione fisiologica e sessuale, il bisogno costante e impellente dell’altro, l’accelerazione psicomotoria sono tutti meccanismi tipici che si attivano quando nel nostro corpo sono presenti dosi massicce di Dopamina, Noradrenalina e Feniletilamina. Nella storia moderna, sugli ebrei, molte domande non trovano risposte convincenti, alle quali questa pagina web propone alcune risposte. Ad esempio: "perchè i tedeschi, quando sono diventati nazisti, ce l'avevano così tanto con gli ebrei da cercare di sterminarli?" e anche: "Perchè ancora oggi esiste un pregiudizio contro gli ebrei nella mente di molte persone di differenti popolazioni?" e infine: "c'è una ragione per l'elevata intelligenza che molti ebrei hanno dimostrato nella cultura del '900?". Inoltre: perchè, spesso, quando il nostro valore non viene riconosciuto, ci offendiamo? In questo caso siamo carenti di autonomia mentale? E infine, in che modo ognuno di noi forma le proprie credenze sul mondo che abita? Non vi è dubbio che esse sono state create dalla nostra famiglia d'origine e dall'ambiente sociale in cui siamo stati immersi, però come mai le abbiamo accettate? In che modo ci siamo costruiti un "abito mentale" che indossiamo in ogni momento della nostra vita e che rischia di irrigidire la nostra visione degli eventi?
I temi trattati in questo numero sono:
- Carenze cognitive e nootropi: In una società dell'informazione sempre più complessa, le richieste di funzionamento cognitivo sono in costante crescita. Spesso la normalità non è accettata e bisogna essere a tutti i costi una persona di successo. Uno dei settore del biohacking in più rapida crescita è quello dei cosiddetti "farmaci intelligenti" o integratori che hanno lo scopo di potenziare le funzioni cognitive. Da alcuni anni sono diventati di moda, sia presso i manager più pressati dal raggiungimento di maggiori risultati di business, sia presso studenti universitari che devono sostenere esami particolarmente impegnativi. I farmaci più popolari sono i "nootropi", un termine generale che copre gli integratori che migliorano la funzione cognitiva in settori quali attenzione, intelligenza, memoria e creatività. Il chimico che per sintetizzò il primo di tali integratori ("Piracetam") fu Corneliu E. Giurgea che sviluppò il concetto di “sostanza nootropa” già nel 1964. La parola “nootropo” deriva dalle parole greche “νους” (nous) e “τρoπoς” (tropos), dal significato, rispettivamente, di “mente” e “piegare/cambiare”. Vi sono due modalità per potenziare l'attività cerebrale: "farmacologica" e "non farmacologica". Scrive lo psichiatra Martin Dresler: "Il termine "miglioramento cognitivo" di solito caratterizza gli interventi negli esseri umani che mirano a migliorare il funzionamento mentale oltre quanto necessario per sostenere o ripristinare una buona salute. Mentre l'attuale dibattito bioetico si concentra principalmente sui prodotti farmaceutici, secondo la caratterizzazione data, il potenziamento cognitivo anche con mezzi non farmacologici deve essere considerato come potenziamento vero e proprio. Qui riassumiamo i dati empirici sugli approcci che utilizzano la nutrizione, l'esercizio fisico, il sonno, la meditazione, le strategie mnemoniche, l'allenamento al computer e la stimolazione cerebrale per migliorare le capacità cognitive. Molte di queste strategie di potenziamento non farmacologico sembrano essere più efficaci rispetto ai farmaci attualmente disponibili solitamente coniati come potenziatori cognitivi."
- Neurotrasmettitori: I neuroni non entrano in contatto diretto. C'è uno spazio molto piccolo tra i neuroni, chiamato sinapsi. Il segnale deve superare questo divario per continuare il suo viaggio verso o dal Sistema Nervoso Centrale. Questo viaggio avviene usando sostanze chimiche che si diffondono nello spazio tra i due neuroni. Queste sostanze chimiche sono chiamate neurotrasmettitori. Un neurotrasmettitore è un messaggero chimico che consente alle cellule nervose di comunicare tra loro. Ogni neurotrasmettitore potenzia e bilancia i segnali tra i neuroni (noti anche come cellule nervose) e le cellule bersaglio in tutto il corpo. Queste cellule bersaglio possono trovarsi in ghiandole, muscoli o altri neuroni. Tutta la nostra attività dipende dunque dai nostri neurotrasmettitori (o neuromediatori), infatti l'abilità del nostro sistema nervoso di agire in ambienti complessi, di accoppiarsi e riprodursi, di imparare e ricordare qualcosa, è legata alla comunicazione tra vasti gruppi di neuroni, che viene mediata dai neurotrasmettitori nelle sinapsi. Il nostro umore è regolato dai neurotrasmettitori, che giocano un ruolo "chiave" nel controllare e coordinare il nostro corpo, infatti quando qualcuno di essi non funziona appropriatamente assistiamo a gravi malattie neurologiche e disordini mentali. Il cervello ha bisogno di neurotrasmettitori per regolare molte funzioni chiave, tra cui: frequenza cardiaca, respirazione, cicli di sonno, digestione, umore, concentrazione, appetito, movimento muscolare, ecc. In sintesi i neurotrasmettitori regolano (eccitando o inibendo) l'intera comunicazione sinaptica del sistema nervoso, cioè essi sono messaggeri chimici endogeni, di cui si avvalgono i neuroni per comunicare tra loro o per stimolare cellule di tipo muscolare o ghiandolare. I neurotrasmettitori sono importanti per potenziare e bilanciare i segnali nel cervello e per svolgere le principali funzioni adattative all'ambiente, espletate prevalentemente attraverso il sistema dopaminergico, che ha lo scopo di sviluppare comportamenti adattativi come mangiare, bere, riprodursi. Il sistema dopaminergico fa oscillare il comportamento umano tra due estremi che vanno dall'iperattività (che può produrre sindromi maniacali e schizofrenia) alla depressione.
- Innamoramento e neurobiologia: Quando ci innamoriamo si attiva tutta una serie di meccanismi psicologici e biochimici che rendono l’innamoramento molto simile alla dipendenza da sostanze. L’eccitazione fisiologica e sessuale, il bisogno costante e impellente dell’altro, l’accelerazione psicomotoria sono tutti meccanismi tipici che si attivano quando nel nostro corpo sono presenti dosi massicce di Dopamina, Noradrenalina e Feniletilamina. Ecco perchè noi siamo i nostri neurotrasmettitori (o neuromediatori). La presenza di questi neurotrasmettitori, fortunatamente, non è duratura e lascia ben presto spazio a sostanze meno “eccitanti” che, però, garantiscono stabilità al rapporto. Le sostanze in questione sono ossitocina per la donna e vasopressina per l’uomo. Tali neurotrasmettitori rappresentano i correlati biochimici di stati d’animo quali l’affetto, la dedizione, la cura per l’altro e vengono attivati dall’abbraccio e dalle carezze. E’ interessante notare che nelle coppie di innamorati che vivono separati o hanno incontri intermittenti, i neurotrasmettitori tipici dell’innamoramento e dell’infatuazione (PEA) sembrano perdurare molto più a lungo e lasciare spazio solo molto più tardi ai neurotrasmettitori tipici del “legame stabile”. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa ha pubblicato sulla rivista “Psychoneuroendocrinology” i risultati di una ricerca che dimostra come, durante la fase dell’innamoramento, i livelli di testosterone aumentino nelle donne e diminuiscano negli uomini. Negli uomini, contrariamente a quanto si potrebbe supporre, si abbassano i livelli di testosterone, l’ormone maschile che comanda alcuni comportamenti aggressivi, tipicamente maschili, o gli impulsi sessuali. Si spiegherebbe così “l’addolcimento” che si verifica con l’innamoramento anche nei più agguerriti. Nelle donne, invece, avviene esattamente il contrario, il testosterone cioè aumenta. Ecco perché le donne innamorate avrebbero più temperamento.
- L'intelligenza degli ebrei: Nella storia moderna, sugli ebrei, molte domande non trovano risposte convincenti, alle quali questa pagina web propone alcune risposte. Ad esempio: "perchè i tedeschi, quando sono diventati nazisti, ce l'avevano così tanto con gli ebrei da cercare di sterminarli?" e anche: "Perchè ancora oggi esiste un pregiudizio contro gli ebrei nella mente di molte persone di differenti popolazioni?" e infine: "c'è una ragione per l'elevata intelligenza che molti ebrei hanno dimostrato nella cultura del '900?". A queste domande si può dare una risposta documentata leggendo il libro degli economisti Maristella Bottini e Zvi Eckstein: "I pochi eletti" e il libro dello storico tedesco (non ebreo) Götz Aly: "Perchè i tedeschi? Perchè gli ebrei? - Uguaglianza, invidia e odio razziale 1800-1933". Alla prima domanda (Perchè i nazisti hanno cercato di sterminare gli ebrei?) risponde Götz Aly col suo libro, nel quale è descritta una minuziosa analisi dell'atmosfera culturale creatasi in Germania nell'Ottocento, dalla quale si scopre che la lenta crescita dell'antisemitismo fu causata dalla frammentazione territoriale e religiosa del Paese, la quale determinò un susseguirsi infinito di guerre dinastiche e confessionali, di danni economici duraturi e di miseria generalizzata. Nella memoria collettiva dei tedeschi la Guerra dei trent'anni fu il culmine atroce dell'eterna lotta fratricida. E su un terreno sociale impoverito il risentimento proliferò come un'erba infestante e l'antisemitismo divenne patrimonio comune dei tedeschi. Alle radici dell'antisemitismo tedesco vi sono dunque ragioni comprensibili di invidia sociale, dovuta alla debolezza socioculturale dei tedeschi nei confronti della superiorità culturale degli ebrei, alfabetizzati e acculturati dalla loro società. Alla seconda domanda (Perchè ancora oggi esiste un pregiudizio contro gli ebrei nella mente di molte persone di differenti popolazioni?) dà una risposta ipotetica il Centro di Documentazione Ebraica Documentata (CDEC), il quale sostiene che nei periodi di crisi e di incertezza sul futuro vi sono le cause del riemergere di razzismo e antisemitismo. È un tempo dove i più fragili (socialmente e culturalmente) cercano di allearsi, di “farsi popolo”. Alla terza domanda (C'è una ragione per l'elevata intelligenza dimostrata nella cultura del '900?) rispondono gli antropologi Gregory Cochran, Jason Hardy e Henry Harpending i quali nel 2006 hanno pubblicato uno studio (Natural History of Ashkenazi Intelligence) che propone un'ipotesi per l'elevata intelligenza riscontrata nel gruppo etnico degli ebrei ashkenaziti. Gli ebrei ashkenaziti hanno il quoziente intellettivo (QI) medio più alto di qualsiasi gruppo etnico per il quale ci sono dati affidabili con deviazioni standard al di sopra della media europea, corrispondente a un QI di 112-115. Scrivono gli autori: "Gli ebrei ashkenaziti sono enormemente sovrarappresentati in occupazioni e campi con le massime esigenze cognitive. Nel corso del 20° secolo, costituivano circa il 3% della popolazione degli Stati Uniti, ma hanno vinto il 27% dei premi scientifici USA Nobel e il 25% dei premi A.M.Turing. Rappresentano oltre la metà dei campioni del mondo di scacchi. [...] Gli ebrei ashkenaziti hanno il QI medio più alto di qualsiasi altro gruppo etnico, combinato con un insolito profilo cognitivo, mentre non è stata osservata un'analoga elevazione dell'intelligenza tra gli ebrei in tempi classici nè si vedono oggi negli ebrei sefarditi e orientali." Secondo gli autori, nel corso di un periodo di circa 1000 anni (tra l'800 e il 1600 d.C.) gli ashkenaziti sono stati costretti a vivere in un ambiente che ha creato le condizioni, in particolare, per la crescita dell'intelligenza verbale e matematica, ma non di quella spaziale. Gli autori hanno individuato tre cause: la specializzazione economica delle loro professioni, l'alfabetizzazione anche delle classi meno abbienti forzata dalla loro credenza religiosa e la chiusura alle unioni matrimoniali con altri gruppi etnici. L'articolo di Cochran, Hardy e Harpending "Natural History of Ashkenazi Intelligence" ha sostenuto che l'intelligenza ebraica è semplicemente un errore genetico compensativo collegato ad altre malattie genetiche "ebraiche", come Tay-Sachs, la malattia di Gaucher o l'anemia di Fanconi. Ma noi sappiamo che valutare l'intelligenza umana solo sulla base del QI è riduttivo (vedi pagina "Intelligenza e Razionalità") perchè sfuggono molti altri fattori quali le capacità socioemotive, l'empatia e le abilità interpersonali. L'alfabetizzazione della popolazione ebraica, accompagnata dalla formazione di un insieme di istituzioni preposte all'applicazione dei contratti, diede agli ebrei un vantaggio in occupazioni quali l'artigianato, il commercio e il prestito di denaro - occupazioni che beneficiavano dell'alfabetizzazione, di meccanismi in grado di garantire l'applicazione e il rispetto dei contratti, e della possibilità di disporre di una fitta rete di relazioni e contatti tra ebrei residenti in località diverse. A me sembra dunque che nella storia degli ebrei si trova la spiegazione del loro successo nella società e dell'odio degli altri popoli per loro. In particolare la loro determinazione nello studio, favorita e pretesa dalla famiglia fin dal I secolo dC, insieme a un quoziente intellettivo più alto della media sono le ragioni sia per il successo ebraico che per l'antisemitismo.
- Cos'è un'offesa: Perchè, spesso, ci offendiamo? Perchè riteniamo che siano insulti alla nostra persona quelli che sono, probabilmente, solo stimoli alla nostra personalità? La causa più importante del sentimento di offesa sembra essere questa: "Non ti sei accorto di me quanto, o come avresti dovuto": Ci offende chi non ci riconosce come essere umano quale ognuno di noi è, con la propria razza, etnia, cultura, aspetto o anche, ruolo sociale. Il "riconoscimento" è la chiave di molti processi mentali che vanno poi a influenzare e determinare processi sociali, economici, politici, e culturali. Il filosofo Matteo Visentin, sulla base delle idee di Axel Honneth cerca di risalire all'origine del concetto di riconoscimento, che si verifica nel bambino che viene accudito dalla madre nei primi mesi di vita, e scrive: "Honneth per spiegare meglio la prassi del riconoscimento trova sostegno in Donald Winnicott. La simbiosi tra madre-figlio nei primi mesi di vita è tale che entrambi si percepiscono unici nel loro stare-al-mondo. I due sono cioè intersoggettivamente indifferenziati. A Winnicott interessa capire come da questa forma unitaria i due apprendano a percepirsi come differenti." Alla fine di questa fase si verifica, per ogni bambino (tranne che la madre non abbia patologie mentali), il salto nella differenziazione, cioè, come scrive Visentin: "Se prima la figura della madre era risolta all'interno di sé, nel proprio mondo-soggettivo, il bambino deve ora uscire da sé accettando la rivendicazione dell'altro (della madre). Ma è appunto la madre a “stanarlo”, a costringerlo ad uscire. Winnicott però non si ferma a questo punto e procede oltre. Il bambino ora è in preda ad una scoperta inquietante, quella di non disporre più del mondo degli oggetti come dipendenti da lui, madre inclusa. [...] Il bambino impara ad essere amato solo quando continua a sentirsi amato nell'assenza della madre. Ciò significa imparare a stare da soli nella separazione e nella comprensione di sé come autonomo, rassicurata sempre sulla base di un affetto riconosciuto e vissuto stabilmente. L’esperienza della “separazione” è qui imprescindibile." Il processo mentale descritto è quello che porta l'individuo (quando le cose vanno bene) a differenziare il proprio sé da quello della madre e a prepararsi alla differenziazione da tutti coloro che incontrerà poi. Infatti, quando il bambino è diventato un adulto, il riconoscimento viene messo alla prova dai rapporti "interpersonali" che egli intrattiene con tutti gli altri e dal continuo sforzo che ognuno fa per essere riconosciuto come desidera. Allora quelle che riteniamo offese sono forse stimoli che ci invitano alla proattività e all'autonomia? L'offesa è dunque un "sollevatore mentale" di energia che può spingerci ad agire?
- Habitus: In che modo ognuno di noi forma le proprie credenze sul mondo che abita? Non vi è dubbio che esse sono state create dalla nostra famiglia d'origine e dall'ambiente sociale in cui siamo stati immersi, però come mai le abbiamo accettate? Le domande sarebbero tante: Abbiamo fatto qualche resistenza o ci siamo bevuti proprio tutto? Come si sono formate le nostre catene interpretative? In che modo si forma il "senso comune"? Siamo stati manipolati, e da chi? Dalla nostra famiglia? Dagli amici? Dai professori? Dai colleghi? Da noi stessi? La risposta a queste domande ci convincerà della necessità di adottare un pensiero critico e di differenziarci dai nostri gruppi (sociali, politici, religiosi, ecc, ecc)?